Canna/Leva & Canna/Molla

pra 6CANNA/LEVA & CANNA/MOLLA

testo estrapolato e sintetizzato dal libro “Magia sull’Acqua”

di Roberto Pragliola


 

Una canna può essere paragonata ad una “molla”, ad un attrezzo capace di incamerare e restituire energia. Siccome esistono vari tipi di molle, dalle più leggere alle più potenti, è evidente che ognuna può restituire solo in proporzione. Di conseguenza, stando al criterio in questione, una canna adatta a proiettare una coda leggera (per esempio una coda del numero tre), non può che corrispondere ad una molla esile. Quindi ad un attrezzo molto flessibile altrimenti, proiettando un peso così leggero, non potrebbe flettersi e, di conseguenza, incamerare e restituire energia.. Questo per sommi capi il criterio vigente.

Il ruolo della canna-molla, quindi, è di restituire l’energia capace di proiettare la coda, mentre quello del pescatore è di caricare la molla in maniera adeguata. Il modo e il grado di intensità con cui la canna si flette comporta sempre delle conseguenze, costringendo il pescatore a caricare la canna-molla con un’azione dinamica diversamente accentuata. Da parte loro le tecniche di lancio sono caratterizzate da movimenti degli arti più o meno ampi o specifici, talora diversi fra loro. In altri termini le varie tecniche sono contraddistinte da una specificità dinamica che non sempre coincide con quella delle canne. Di conseguenza il pescatore deve adattarsi al ritmo dell’attrezzo a prescindere dalla tecnica di lancio usata. Si potrebbe obiettare che ciò è vero solo parzialmente, visto che una canna è concepita in rapporto a canoni di lancio generalizzati (due movimenti contrapposti intervallati da altrettante pause, gli stop). Vero, ma ci sono delle differenze a volte anche notevoli. Per esempio nel nostro paese si lancia in maniera diversa rispetto agli Stati Uniti (ma non solo), proprio dal paese da cui, guarda caso, provengono gran parte delle canne.

Sappiamo anche che tanto più una tecnica di lancio è caratterizzata da moti dinamici brevi (quelli compiuti dalla mano per lanciare), quanto più la canna deve flettersi in modo da far fronte al poco lavoro fatto dai primi. Al contrario se una tecnica è caratterizzata da un lavoro dinamico maggiore, da un’escursione più ampia della muscolatura, più o meno in proporzione diminuisce quello prodotto dalla flessione dell’attrezzo. Pertanto una canna-leva (TLT) ha bisogno di una maggiore escursione degli arti ma la canna si flette meno. Mentre una canna intesa come una molla (tecniche tradizionali), può essere compressa con movimenti più brevi ma si flette molto di più.

Ed è proprio da questa flessione, dal modo e dal grado di intensità con la quale la canna si flette, che nascono molti problemi. Difatti più quest’ultima è accentuata o particolare e più il pescatore è costretto ad assecondarla, azionando la canna non come vorrebbe ma secondo la sua azione. Quando un attrezzo ci costringe ad adattarsi alla sua flessione non è più un mezzo al nostro servizio, l’esecutore della nostra volontà, tanto meno può essere usato come vorremmo. “Difatti a dettare il ritmo del lancio” non è l’uomo bensì l’attrezzo. Il pescatore vi può intervenire in rapporto a quanto gli è consentito, ma mai quanto dovrebbe. Viceversa un attrezzo è solo uno strumento che deve eseguire quanto ci necessita nel miglior modo possibile: un obiettivo che possiamo ottenere solo se questo strumento non intralcia il nostro operato. Non c’è settore, dal ferro battuto alla musica, dove il risultato non sia dipendente dallo strumento. E non c’è fabbro o musicista che sia disposto per sua scelta a servirsi di attrezzi inidonei. E’ sorprendente che nella mosca si pensi al contrario.

Basti pensare al vento, per esempio. Com’è possibile velocizzare la coda con una canna che a causa di un’eccessiva flessione non risponde a determinate accelerazioni. La differenza sostanziale che intercorre fra un attrezzo che lancia tramite il peso (canna intesa come una molla, quindi flessibile) e un altro che verte sul criterio opposto (canna intesa come una leva, quindi rigida), è che nel primo caso il soggetto è l’attrezzo e il pescatore un intermediario fra la propria volontà (esigenze della pesca) e quella dettate dall’attrezzo (esigenze conseguenti la sua flessione): un binomio che riduce o circoscrive le nostre azioni (quelle conseguenti le esigenze della pesca) e capacità personali (abilità di lancio). Nell’altro l’attrezzo è solo uno strumento e pertanto offre risultati in diretta relazione alla sua efficienza e alla nostra abilità.