CANNE : EFFETTO MOLLA E EFFETTO LEVA
Dal canone estetico al controllo del lancio
dell’Ing. Gabriele Gori
Ogni canna reale proietta la coda attraverso due meccanismi distinti che agiscono contemporaneamente nell’azione di lancio: l’effetto “molla” e l’effetto “leva”
Effetto Leva
La leva ideale è una canna indeformabile : se usata con un movimento di semplice traslazione, la velocità della vetta è uguale a quella della mano del lanciatore.
Se invece, contemporaneamente al moto traslatorio aggiungo una rotazione, il movimento della vetta si amplifica e se il tempo del lancio è lo stesso, la vetta acquista una velocità maggiore rispetto al movimento della mano.
Effetto Molla
La canna, sottoposta all’inerzia della sua massa, alla resistenza della coda, ed alla resistenza dell’aria, si carica – si flette- accumulando energia elastica e, alla fine del lancio, la rilascia proiettando la coda.
Una canna così concepita sarà una canna che si flette su tutta la sua lunghezza in modo da immagazzinare la maggiore energia possibile e sarà anche dotata di una certa massa per accentuare, appunto la sua flessione.
Nel mondo reale, ogni canna è una leva flessibile , cioè sia l’effetto molla che quello leva coesistono nello stesso attrezzo : però esistono canne in cui l’effetto molla è assai marcato ed altre, invece, nelle quali prevale l’effetto leva.
Dobbiamo quindi parlare di prevalenza di un effetto sull’altro.
Per capire come funziona occorre introdurre il concetto di rapidità di una canna:
Se imponiamo una deformazione alla canna e la rilasciamo, la canna riacquista la posizione originaria in un certo tempo: più breve è questo tempo più la canna è rapida.
La rapidità è legata alla frequenza naturale con la quale una canna vibra.
Per trovare la frequenza naturale della canna si inizia a farla oscillare con una frequenza lenta:, cioè muovendo la mano avanti ed indietro lentamente: la canna si muove seguendo il movimento della mano, in fase con questo , e l’ampiezza del movimento dell’apicale è proporzionale al movimento della mano. Cioè piccolo movimento della mano, piccolo movimento del cimino, maggior ampiezza del gesto manuale, maggior ampiezza del movimento dell’apicale.
Se si aumenta la frequenza del movimento oscillatorio della mano, si arriva ad un punto in cui il movimento del cimino è molto ampio anche se il movimento della mano è contenuto: la spinta della mano ha la stessa frequenza naturale della canna ed ogni ulteriore spinta seppur piccola, si somma alle precedenti e le oscillazioni aumentano sempre di più: in teoria all’infinito e fino alla rottura della canna; in pratica nel mondo reale entra in gioco lo smorzamento ( sia quello del materiale che quello dovuto alla resistenza dell’aria) che dissipa energia per attrito limitando l’ampiezza della deformazione della canna , facendo sì che il sistema trovi un equilibrio dinamico.
Questa e la frequenza naturale della canna.
È chiaro che ogni canna ha la sua frequenza, che è più alta (ossia la canna è più rapida ) più è corta, più il baricentro è basso (distribuzione delle masse, ossia taper) più il modulo elastico del materiale è alto.
Ora se aumentiamo ancora la frequenza del movimento della mano, vedremo che la deformazione della canna diminuisce moltissimo, e contemporaneamente assume una forma diversa: nasce un flesso, ossia un fulcro a circa un terzo della lunghezza a partire dell’apicale, e vedremo anche che il movimento dell’apicale non è più in fase con quello della mano: quando la mano si muove in avanti, l’apicale si muove all’indietro.
Questo è il secondo modo di vibrare della canna che in diverse occasioni entra in gioco nel lancio : per vederlo con semplicità e con efficacia, basta disporre la canna davanti ad un foglio di carta appeso verticalmente e parallela a questo, e poi imprimere un veloce scatto in avanti della mano: il cimino, si muoverà in controfase, cioè nel senso opposto ed andrà a colpire il foglio di carta. Poi all’aumentare della frequenza esistono altri modi di vibrare, ma il discorso si farebbe troppo lungo.
Alcune considerazioni.
L’effetto molla è massimo quando l’attrezzo si muove a velocità prossime alla frequenza naturale: piccoli spostamenti della mano fanno compiere grandi spostamenti alla canna che immagazzina così grande energia.
Quindi una canna così concepita ha un suo tempo ottimale per essere usata. Il famoso timing. Questo termine ci riconduce al lancio di tipo diciamo, classico.
Nel lancio avanti come quello indietro, il movimento è essenzialmente rotatorio con fulcro nel gomito del lanciatore.
Io sono convinto che le varie tipologie di canne siano state via via concepite per soddisfare le necessità di una certa idea di lancio.
Così questo tipo di canna rispondeva ad uno stile di lancio che meglio si adattava ai canoni estetici di quella che doveva essere la più nobile delle forme di pesca: movimenti composti e misurati con il gomito aderente al fianco, adatti ad un gentiluomo inglese dell’inizio del ‘900.
Una canna come questa deve essere usata con il suo tempo, si carica immagazzinando energia elastica che restituisce poi nel lancio in avanti : sembra che la canna faccia tutto da sola. Questo tipo di azione da taluni pescatori viene apprezzata, ed in effetti permette lanci anche lunghi con pochissimo sforzo.
Il limite di questo tipo di canna è facilmente intuibile: la canna ha i suoi tempi, in un certo senso, è la canna che impone il ritmo di lancio.
Chi invece sente la necessità di controllare il lancio a suo piacimento, di avere un attrezzo che segua la sua volontà, preferirà una canna più rigida e rapida , cioè una canna “leva”.