Recensione del libro:
In Mongolia
di Alvaro Masseini
Alvaro Masseini, già docente di storia e filosofia, giornalista per passione, vive sulle colline del lago Trasimeno, dedicando il suo tempo a viaggi nei luoghi più appartati del pianeta che poi documenta con pubblicazioni in prosa e libri fotografici.
In Mongolia esce nel 2013, pubblicato da Edizioni Angolo Manzoni di Torino.
L’autore definisce la Mongolia “un Paese nel vortice della modernità”. Descrizione che trova immediato riscontro nella realtà dei fatti. Lo stato di assoluta ruralità della stragrande maggioranza del territorio si contrappone nettamente a quanto il governo dello stesso Paese vorrebbe avvenisse in tempi brevi e in termini macroeconomici. Il complesso meccanismo di passaggio tra la storia della Mongolia stessa e la tradizione dei pastori nomadi – un tempo anche guerrieri – e il moderno spirito liberista orientato alla valorizzazione delle risorse minerarie del Paese, genera inevitabilmente contrasti di carattere sociale e culturale. Tutto cambia, inesorabilmente, e l’autore evidenzia i contorni di un sistema economico che sta invitando il Paese a far fronte a nuove necessità e velleità di sviluppo. Ci auguriamo che il cambiamento avvenga con un margine, o meglio ancora, con una consistente dose di buon senso.
Alvaro Masseini riporta di un’esperienza indimenticabile ripartita in due storie parallele, anzi convergenti. Innanzitutto la storia di un frate Francescano, Giovanni di Pian di Carpine, che nel 1245 (prima di Marco Polo, per datarne i confini cronologici) si recò da Lione a Karacorum per commissione del Papa Innocenzo IV, facendosi latore di doni e lettere del Papa e del Gran Khan. L’autore ne ripercorre idealmente le tracce, aggiungendo un’immancabile e affascinante componente alieutica, mettendo piede in ambienti integri e selvaggi. Fiumi incontaminati, così come i loro fieri e valorosi abitanti. Mongoli anch’essi. Di seguito un breve estratto che racconta un episodio di viaggio, uno dei tanti imprevisti. Per vedere le immagini di taimen, lenok e temoli artici e per sentire le loro storie, occorre leggere il libro.
Vanni Marchioni
[…] Batzorig ha caricato fino all’inverosimile il suo piccolo gommone verde e sull’immane cucuzzolo di tende, zaini, fornelli, cibo e canne ha fatto salire una bella ragazza, una giovane studentessa universitaria che nell’occasione ci farà da cuoca. Batzorig si è posto a poppa e con un solo remo manovra con abilità fra piccole rapide e grandi massi la pesante imbarcazione. Noi seguiamo con un gommone quasi vuoto, ma siamo in cinque persone. […] Batzorig che ci precede di alcune centinaia di metri e ci segnala la “strada”, avendo davanti un carico eccessivo che gli impedisce di vedere ed evitare in tempo gli ostacoli più subdoli come un tronco semisommerso in piena corrente che, se preso frontalmente può aprirti la chiglia di gomma come un melone, ha visto in ritardo una grande pietra rotondeggiante ma in piena rapida. Lo vediamo che cerca con tutte le forze di scansarla, però l’imbarcazione è sovraccarica e non ce la fa. L’imbarcazione sbatte sul masso e ci resta appollaiata sopra, come un grosso fungo. L’urto ha quasi fatto cadere la ragazza che, come il timoniere, non ha salvagente. Il mongolo, impassibile, non sembra preoccupato, continua a remare, ma il grosso carico non si sposta, mentre la forte corrente fa girare come una trottola il gommone fermo sul suo perno. Noi assistiamo allibiti, finché non ci accorgiamo che nonostante gli sforzi delle pagaie la corrente tutta concentrata in quel punto ci sta portando proprio nella stessa direzione”.