IL PESCATORE COMPLETO
Quella che segue è una piacevole citazione, una recensione più che una citazione, di un articolo firmato da acronimi e nicknames, tutti orgogliosamente appartenenti all’associazione Sweden Fishing; non siamo riusciti a risalire ai nomi propri dei titolari, ci auguriamo che possano comunque apprezzare questa nostra attenzione.
Da parte nostra un plauso anche all’incipit che racconta il carattere di questa Associazione: “E non siate avidi! Le acque svedesi sono piene di pesci. Quanti di noi pescano per divertimento dovrebbero prendere solo il pesce necessario per il pranzo e la cena della giornata. Il sovrappiù dovrebbe essere ributtato secondo la regola della cattura e liberazione volontarie. Noi preferiamo il termine *pesca ecologica con l’amo* perché desideriamo essere sicuri che i nostri nipoti abbiano la possibilità di godere delle nostre fantastiche acque, stracolme di sani branchi di pesci in un ambiente incontaminato!”
Torniamo al testo, contenuti di spessore che aprono i battenti a numerosi interrogativi da porsi e ad altrettante risposte da cercare in noi stessi. Il tono è leggero, si affrontano temi importanti in un contesto amichevole, abbracciati dall’atmosfera calda di un’osteria; amici che parlano di un fiume, di pesca, di pesci presi e di pesci da prendere. Pescatori che entrano in merito di vecchie e nuove diatribe, tutte ancora irrisolte.
Un passaggio in particolare “per sua natura il pescatore con la mosca ama complicarsi la vita” può innescare e sollevare differenti reazioni: per quanto ci riguarda, un sorriso autocelebrativo che denota la consapevolezza della verità. Ben venga, per fortuna è proprio così.
Alla fine dei conti potrebbe, dovrebbe, emergere l’identikit di un pescatore ideale, del pescatore completo; quello che ha assimilato in un solo giorno o in una vita intera di esperienze una serie di informazioni, apprendimenti, emozioni, sensazioni in generale. Un delicato equilibrio fatto di consapevolezza tecnica ed etica, di conoscenza e rispetto dell’ambiente che ci circonda e della fauna acquatica che tentiamo di ingannare, nel senso più positivo e ludico del termine.
Ecco il profilo del pescatore completo che si evince dal testo, ognuno a suo modo può esserlo e un modello a cui tutti – ci auguriamo – possono ambire.
Vanni Marchioni
LE REGOLE DEL GIOCO
Il gioco, le regole, il fiume, l’osteria, una piccola introspezione nel mondo della pesca a mosca nelle sue varie interpretazioni.
Quella sera di fine luglio il caldo era così intenso da essere veramente insopportabile; seduto con le gambe in acqua aspettavo i primi segnali di attività del pesce che tardavano ad arrivare. Avevamo trascorso la giornata in una blanda attesa in gran parte al riparo sotto un lungo porticato di un’osteria in collina dove l’aria era più fresca che giù nella piana, ma non come il “bianco” che la cameriera serviva nelle brocche trasparenti e appannate.
L’osteria è senz’altro la sede elettiva dei pescatori, un luogo accogliente e informale dove puoi mangiare senza troppe pretese, o puoi soltanto ordinare qualcosa per passare un’ora in compagnia di voci sconosciute ascoltandone soltanto il suono e non le parole che in questa atmosfera perdono molto del loro significato.
Comunque le voci dei miei amici erano troppo vicine e i toni troppo accesi per essere ignorate, quindi mi misi ad ascoltare un po’ svogliato cercando, per quanto possibile, di non rimanerne coinvolto. In realtà più che di amici, termine di cui spesso si abusa, si trattava di pescatori che avevo conosciuto tempo indietro e che mi avevano invitato più volte a pescare nel loro fiume, fuori dai consueti itinerari seguiti dai pescatori a mosca; ero molto curioso di vedere questo corso d’acqua situato in una parte del nostro paese più conosciuta per il mare e le vacanze che per fiumi e torrenti che scendono dalle montagne.
IL GIOCO
Non è possibile né immaginabile concepire un’attività ludica senza regole, la regola appare come elemento imprescindibile sin dalle prime e più elementari forme di gioco infantile dove un gruppo di bambini che rincorrono una palla avvertono subito la necessità di porre dei limiti alle loro ažioni ed allo spazio utile.
La regola si pone quindi come fattore necessario e obbligante che, limitando la completa libertà d’azione, rende il gioco socialmente accettabile e singolarmente coinvolgente.
Anche la pesca sportiva, attività ludica per definizione, è sottoposta a regolamenti e regole: i primi rappresentati da norme legislative che obbligano il pescatore a rispettarle, le seconde appartenenti a un codice etico, trasmesso negli anni attraverso le varie forme di istruzione e informazione (stampa, corsi, video, ecc.), che presenta limiti e confini molto labili e sottili affidati alla sensibilità del singolo e non all’azione repressiva della legge.
Nell’ampio panorama delle tecniche di pesca sportiva la pesca a mosca si è sempre distinta per l’autodisciplina che ha caratterizzato l’azione di molti di coloro che la praticano.
Il codice etico della pesca a mosca riguarda, oltre ad un atteggiamento favorevole al rispetto delle catture e dell’ambiente in generale, anche le varie modalità applicative esistenti all’interno di questa tecnica, tanto da aver generato correnti di pensiero definite di “puristi” che vorrebbero limitare tale tecnica di pesca al solo utilizzo di alcuni artificiali e alcune attrezzature ad esclusione di altre che pure le appartengono a tutti gli effetti.
Generalmente l’invettiva di queste fazioni “integraliste” è rivolta al mondo della mosca sommersa, della ninfa piombata in particolare, e ognuno di coloro che sente la necessità di esternare al prossimo il suo personale codice etico possiede un proprio limite invalicabile oltre il quale “non è più pesca a mosca”.
Tale limite può essere rappresentato dalla sola pesca a mosca secca (i puri tra i puri), oppure può estendersi alla sommersa non piombata e così via: il pescatore vede dissolvere così la propria purezza alla stessa velocità con cui le proprie mosche affondano nell’acqua. Inoltre va considerata in tutto questo che la pesca a mosca oggi non è più la tecnica finalizzata alla sola cattura dei salmonidi, prede storiche del fly angler, ma i suoi orizzonti si sono allargati a tal punto che con canna e coda di topo si possono catturare specie ittiche un tempo assolutamente impensabili in acqua dolce come in mare.
Questo ha portato nel mondo della mosca, chiuso sino a qualche anno fa nella propria tradizione anglosassone, un vero e proprio ciclone che ha scosso fino alle fondamenta gli ambienti più radicali: canne dalla potenza incalcolabile, code che affondano come piombi e gli artificiali: il mondo della fantasia e della creatività ha portato un turbinio di forme, dimensioni e colori in netto contrasto con la sobria ed elegante realizzazione di una Gordon Quill in versione originale. Questo ampliamento delle possibilità applicative ha inesorabilmente determinato un cambiamento anche di atteggiamento nei confronti della pesca a mosca: alla figura del pescatore che, seduto sulla riva, aspetta le prime bollate della sera fumando tranquillo la sua pipa si è affiancata quella di colui che parte al mattino presto con la barca e diversi sacchi di sarde congelate da mettere in acqua per attirare il branco di sgombri.
Anche questa è pesca a mosca?
Troppe volte ho sentito questa frase e visto i pescatori schierarsi da una parte o dall’altra. Non so e non voglio dare un giudizio in merito, vorrei soltanto dire che in un mondo dove tutto evolve ad una velocità vertiginosa, sia nei processi tecnologici che nel pensiero socio/filosofico non possiamo pretendere che la pesca con la mosca resti ancorata a concetti e regole di oltre un secolo fa quando ancora gli schiavi raccoglievano il cotone e alle donne non era concesso il voto.
Il gioco è fatto da una canna da pesca che flette con il carico di una lenža pesante alla cui estremità è legata un’esca artificiale simulacro di una forma di vita, di morte o anche di nulla.
LE REGOLE
Per sua natura il pescatore a mosca ama complicarsi la vita. Forse la difficoltà, il perfezionismo, a volte l’esasperazione sono elementi che insieme all’innegabile bellezza di questa tecnica concorrono a generare nel profondo del nostro animo una passione così forte da non abbandonarci per tutta la vita.
La difficoltà è quindi una componente importante che conferisce interesse e nello stesso tempo opera una selezione a vantaggio non dei più“bravi” ma essenzialmente dei più tenaci, di coloro che non si arrendono di fronte alle prime difficoltà, di fronte a questa coda di topo che non ne vuol sapere di distendersi, a questa mosca che rimane agganciata al terminale, ai continui rifiuti di quella trota o peggio alla sua completa indifferenza, a quell’ultimo maledetto metro che ti separa dalla bollata che non riesci a raggiungere. Quante serate, quanti viaggi, quante volte mi sono trovato solo, senza saper trovare una soluzione ai tanti problemi che di volta in volta ero costretto ad affrontare, quante volte ho detto basta tornando a casa pensando comunque a quando potevo tornare a provare ancora.
La pesca con la mosca, come tutte le attività che prevedono una gestualità motoria complessa, obbedisce a certe regole che è necessario conoscere bene per poterla praticare con successo, per essere in grado di affrontare le diverse situazioni che possiamo incontrare.
Conoscenza della corretta tecnica di lancio e delle tecniche di pesca, delle attrezzature e degli equilibri relativi al loro utilizzo, conoscenza delle abitudini dei pesci e del loro habitat, saper riconoscere gli insetti nei loro vari stadi evolutivi, conoscere l’immenso mondo degli artificiali e il loro impiego specifico. Tutto questo può essere fatto a diversi livelli: dalla minima informazione di base necessaria per orientarsi in questa tecnica, allo studio approfondito dei vari settori che la compongono: ciascuno deve avere la libertà di potersi esprimere dove e come ritiene più opportuno senza per questo essere tacciato di inettitudine o mediocrità.
Le regole a questo punto tendono a suddividere i pescatori a mosca in diversi gruppi in base alle singole preferenze o se preferite priorità ed ognuno è in genere pronto a giurare che quella è la cosa più importante intorno alla quale ruota tutto il gioco; inoltre il pescatore a mosca, italiano in particolare, per complicarsi la vita appunto, è solito abbracciare in modo assoluto e totalizzante teorie, tecniche e mode varie che rendono questo singolare mondo di regole soggetto a infinite interpretazioni e a molte eccezioni.
Può succedere quindi che qualche volta si possa perdere di vista l’obiettivo originario che è e resta la pesca per seguire percorsi tecnici razionalmente non idonei a quella circostanza, oppure voler a tutti i costi applicare la propria tecnica e la propria attrezzatura anche quando queste servono soltanto a…complicarsi la vita.
L’OSTERIA
Generalmente dopo alcuni bicchieri di vino le discussioni possono cessare o animarsi notevolmente…dipende; in questo caso i miei amici avevano gettato le basi per la realizzazione di un piccolo “conclave” in quanto erano rappresentate quasi tutte le tendenze esistenti, per raccontarle userò alcuni “nickname” rendendo la cosa meno riconoscibile e più aderente alle moderne tendenze.
M.F.H.: “Vedete, miei cari, si fa un bel dire al riguardo della tecnica di lancio, delle canne e delle attrezzature varie, per carità sono tutte cose importanti. Ci mancherebbe! Ma quando ci troviamo di fronte a una bella trota che sta bollando regolarmente, qual è la cosa più importante per prenderla? Ah, non risponde nessuno ora! Ve lo dico io allora: si deve capire che cosa sta mangiando e presentargli l’imitazione esatta di questo. Qualunque cosa essa sia: più la mosca assomiglia al naturale, più la trota la scambia per una cosa vera, la mangia e noi la prendiamo. A cosa serve saper lanciare a trenta metri se non riusciamo a capire “cosa” lanciare a quella distanza e perché? I pesci mangiano le mosche, non i lanci, la canne, o quant’altro; io non sono mai stato un bravo lanciatore, questo voi lo sapete bene, ma le mie trote le ho sempre prese, non potete negarlo, con un po’ di pratica prima o poi la mosca dalle parti del pesce riusciamo a mettercela tutti. L’essenza della pesca a mosca è studiare gli insetti, saperli riconoscere e classificare, e soprattutto saper costruire le nostre imitazioni tenendo conto di tutto questo. Vuoi mettere la soddisfazione derivante dalla cattura di una trota con la mosca che ti sei costruito studiando l’insetto cui si riferisce!!!”
Stranamente la discussione aveva preso un andamento basato su una grande civiltà e rispetto delle altrui opinioni per cui F.M.H. riuscì a terminare il suo pensiero senza essere interrotto, almeno credo, perchè a questo punto prese improvvisamente la parola un altro personaggio.
Magister ludi: “Non sono affatto d’accordo! Non è vero che l’imitazione esatta sia la chiave del successo. Anzi! Spesso i pesci mangiano mosche che non assomigliano a niente, sono soltanto un insieme di piume colorate, eppure queste mosche catturano, eccome catturano. Come lo spiegate questo? L’importante è presentare la mosca perfettamente, davanti alla bocca del pesce e questo mangia qualunque cosa. Tutto ruota intorno al lancio! Cosa te ne fai di migliaia di bellissime mosche, perfette, curatissime nei minimi dettagli se non riesci a farle “pescare” correttamente, se non riesci a raggiungere la distanza necessaria, se le lasci dragare ad ogni passaggio. Con la mia tecnica riesco a mettere la mosca negli spazi più angusti dove la trota crede di essere al riparo dalle fregature e abbocca più facilmente; per ogni posto, anche il più difficile e complicato, esiste il lancio giusto! La tecnica di lancio è un’arma dall’efficacia micidiale, ma bisogna conoscerla, è necessario allenarsi, spesso dimenticando le catture per ottenere il lancio che volevamo.
Ebbene voglio farvi una confidenza, l’altro giorno ero in un bel raschio e stavo provando a lanciare la mosca sotto alcuni lunghi rami nell’altra sponda, in verità avevo già perso cinque o sei mosche, ma la coda non si distendeva esattamente come volevo io e a forza di provare, riprovare e attaccare mosche sui rami è arrivata la notte e non ho neppure guardato se più in giù bollava qualcosa. Ma è stato meglio così, almeno non mi sono distratto e sono riuscito a lanciare in pace. La vera evoluzione della pesca a mosca è nella tecnica di lancio, tutto il resto appartiene al passato”.
Le parole di Magister Ludi risuonarono a lungo per l’osteria, dove era improvvisamente calato il silenzio, come severo monito per tutti e di tanto in tanto qualcuno si guardava alle spalle sentendosi “inseguito” dai suoi loop troppo ampi e fuori moda.
Ripresosi dallo stupore Mr.Hatch, che finora aveva ascoltato con molta attenzione, si girò sulla sedia per guardare verso gli altri tavoli, visto che nel frattempo la platea si era allargata a tutti: “Evoluzione, progresso, ricerca tecnologica, aumento delle prestazioni…la pesca a mosca è forse un mondiale di Formula Uno? Canne sempre più leggere e sempre più rapide, code ad altissimo galleggiamento e scorrevolezza, mosche sempre più piccole costruite con nuovissimi materiali sintetici immessi sul mercato alla velocità della luce, ma siete proprio sicuri che si tratti di progresso? Siete proprio sicuri che tutto questo non allontani il pescatore dai veri valori e dalle tradizioni che hanno sempre caratterizzato questa tecnica? Cos’è la pesca a mosca se non il perpetuarsi della sottile sfida fatta di inganni tra pescatore e pesce, sfida dalla quale riusciamo a trarre il piacere da sensazioni che ci arrivano attraverso la sensibilità degli attrezzi utilizzati unita a quella del nostro animo. Non credo che il pescatore debba diventare una macchina da catture, non credo che questo sia stato lo spirito che ha mosso le grandi figure del passato che hanno fatto la storia della nostra arte che noi dobbiamo conoscere e alle quali ci dobbiamo ispirare. Grafiti ad altissimo modulo … ma volete mettere la differenza tra queste e il fascino di una canna in legno dalla dolce a e arrendevole azione che flette ad ogni piccola pressione della mano? E poi con il pesce in canna? Non ne parliamo neppure!”
“Sì, d’accordo le canne, ne avrò più di qualche decina, le mosche, forse diverse migliaia, la tecnica tutto ciò che volete…ma dove andiamo a pescare?” Marc 0’Polo, accendendosi l’ennesima sigaretta, si alzò addirittura in piedi come si fa in genere per tenere un discorso importante. “Ma vi siete accorti che di acque valide da pescare ve ne sono sempre di meno? Qui da noi di pesci degni di questo nome quanti se ne prendono ogni stagione? E poi, quelli che si prendono sono quasi sempre di immissione: io non riesco quasi più a pescare qui in Italia, e neanche l’Austria e la Slovenia, dove un tempo ti potevi divertire, sono più come una volta. Ormai per pescare è necessario l’aereo: Alaska, Caraibi, Patagonia, Russia, questa è la vera dimensione della pesca a mosca nel Terzo Millennio!” Una voce tentò di obiettare che forse questo non era il modo corretto per affrontare la realtà della pesca nelle nostre acque e che forse questo era un modo per fuggire dai problemi senza neanche tentare di risolverli, a tutti piace viaggiare ed è bello e importante farlo, ma abbiamo tutti il dovere di contribuire alla salvaguardia del patrimonio ittico e ambientale.
Marc O’Polo si sedette, turbato da quelle parole pronunciate da una voce misteriosa che sembrava appartenere a nessuno dei presenti.
IL FIUME
Una leggera brezza spirava già da qualche istante a mitigare quella calda sera di fine luglio, le prime effimere stavano lasciando la superficie del fiume per alzarsi in volo attratte forse dagli ultimi bagliori di luce, volgendo la sguardo verso valle due figure di pescatori si stagliavano in controluce, si spostavano adagio con l’acqua quasi alla vita, l’uno verso l’altro, li riconobbi subito: M.F.H. con un braccio proteso in avanti, pollice e indice uniti, offriva una mosca a Magister Ludi che, dopo averla osservata per un istante, ringraziava con un cenno del capo.