di Roberto Pragliola
Com’è andata? Appena spalancai la porta me lo chiesero tutti assieme. Erano a tavola, già al caffè e ai liquori. Il locale era pieno di odore di carne arrosto, fumo, grappa e un’allegria chiassosa e sbracata. Sorrisi allusivo. Protestarono rumorosi, sperando che scherzassi. E invece non scherzavo. Me lo lessero in faccia. Era la terza sera di seguito che catturavo
–
una gran trota. Raccontai com’era andata. Mi credettero, ma non volevano crederci. Possibile che riuscissi a prenderle solo io? Poi si arresero. Più che arrendersi cambiarono tattica. Iniziarono a dire che va bene, le prendevo, però solo perché sapevo dov’erano. Che c’entra! Le prendevo o no! Si spazientirono. Più di tutti Gianni. Con lui la cosa prese una brutta piega. Come mai andavo sempre da solo?
L’allusione era fin troppo palese. Al limite della provocazione. Così fui costretto a promettergli che la sera dopo l’avrei portato con me. Gli altri si guardarono perplessi. Qualcuno lanciò occhiate maliziose. Dubitavano. E difatti Gianni incominciò a guardarmi male. Così la buttai sullo scherzo, ma non troppo. Gli dissi che trote del genere non erano per lui. Anzi non sarebbe stato capace neanche di vederne la bollata. Figuriamoci catturarle. A quel punto i suoi occhi s’infiammarono. Ruppe in una risata fragorosa. Credeva che lo sfottessi. Quando si accorse che facevo sul serio, incominciò a guardarmi torvo. Cercava di capire dov’era l’inghippo. Gli spiegai che l’avrei portato in un luogo dove c’era una grossa trota. Però gli e l’avrei lasciata solo se riusciva a scorgerne la bollata. In altre parole, una volta sul posto, se la trota era in caccia glielo avrei detto. Senza però specificare dov’era. Gli davo giusto il tempo di fumarmi una sigaretta. Se riusciva a vederla, l’avrebbe attaccata lui, altrimenti toccava a me. Accettò spavaldo, annunciando a gran voce che ero matto da legare.
Appena mi affacciai sulla piana, la vidi bollare. Gianni, alle mie spalle, scrutava la superficie.
<< A te >>
Mi guardò incredulo. Spaziò su tutta la piana varie volte, senza scorgere nulla. Continuava a guardare me e l’acqua, non sapendo a chi credere. Mi accorsi che incominciava ad irritarsi. Gli occhi gli si erano incupiti e le pupille gli erano divenute piccole e nere come pallini di piombo. Gianni è grande e grosso e capace di schianti d’ira improvvisi. Lo anticipai fingendo irritazione.
<< Muoviti. Altrimenti l’attacco io. >>
La piana si stendeva a valle per un centinaio di metri. Piatta come l’olio. Sulla riva opposta dei salici pendevano mollemente sull’acqua. Le ombre erano scese e una leggera brezza stava mitigato il caldo. Qualche piccola effimera si lasciava trascinare supinamente dalla corrente, altre vi saltellavano sopra.
<< Cosa mi vuoi dare a bere. >> Me ne disse di tutti i colori, finché non si accorse che stavo fissando un punto sulla riva opposta. Smise di blaterare. Per un po’ rimase in silenzio scrutando il posto con attenzione. Prima che sbottasse in uno dei suoi scatti d’ira, gli indicai il punto esatto sotto dei salici. Fu allora che la vide. La trota era subito sotto la superficie dell’acqua bollando di tanto in tanto e sonnecchiosa.
<< Peccato che non l’abbia scorta tu. Ora è mia. >>
Prima mi guardò incredulo, uno stupore quasi doloroso. Non feci una piega. Allora la buttò sul lagnoso. Eravamo amici da tanti anni e melensaggini del genere. Poiché non otteneva alcun risultato neanche in questo modo, iniziò ad insultarmi. Aveva quasi le lacrime agli occhi. Lo tenni sulla brace per un bel po’. Poi mi lesse la decisione negli occhi.
<< Sei un amico. >>
<< Davvero? >> Era troppo eccitato per far caso al tono con cui gli avevo risposto. Se mi avesse potuto leggere nel pensiero, avrebbe saputo che ero certo che non l’avrebbe presa. Sapevo anche dove avrebbe sbagliato.
Montò la canna, il finale ed il nylon. Valutai lo spessore. Era troppo grosso. Gli e lo dissi. Neanche mi sentì, preso com’era a rovistare in tutte le scatole facendo finta di scegliere la mosca. Lo lasciai rovistare, maligno. Finché quasi mi supplicò di dirgli quale mosca mettere. Non voleva correre rischi. Gliela indicai, ma era sospettoso. Non sapeva se poteva fidarsi. Ma non aveva scelta.
<< Niente scherzi da prete, eh? Non puoi farmi una cosa del genere, saresti proprio un bastardo. >> Lo rassicurai. La mosca era quella giusta. Però la trota gli e l’avrebbe rifiutata. Gli davo tre lanci. Poi l’avrei attaccata io. Ero stato fin troppo generoso. Accettò, sia perché convinto di prenderla, ma prima ancora perché sperava che non mantenessi la parola. Sbagliò entrambe le valutazioni. Ci rimase talmente male, che non ebbe la forza di protestare. Ora toccava a me. Montai la mosca. Era identica alla sua. Lo spessore del nylon era invece diverso. Obbiettò che era troppo fine. << Non vedi tutta quella vegetazione. >> disse quasi incredulo. << Se non rompi sulla ferrata, di sicuro spacchi per impedirgli di ficcarsi la sotto. Al contrario, se la lasci andare, quella si infila in un baleno in quell’intrico e la perdi di sicuro. Che pescatore sei! >> concluse felice di potersi vendicare. Non gli risposi. Mi limitai a prenderla, slamarla e rimetterla dentro. Mi chiese dove aveva sbagliato. Non glielo dissi. Andò su tutte le furie.
Entrammo nel locale. Ancora una volta erano a fine pasto avvolti dal solito odore d’arrosto, fumo, grappa e l’identica allegria chiassosa. Toccò a Gianni raccontare l’episodio. Cercò di barcamenarsi per salvare la faccia. Erano perplessi. Possibile che Gianni non avesse visto la bollata? Stettero ad ascoltarlo in silenzio, sospettosi. Gianni era mio amico, per caso non è che c’eravamo messi d’accordo? Alla fine si arresero. Salvo Matteo, uno dei migliori amici di Gianni. Si scambiarono un’occhiata. Intuii i loro intenti. Andò a finire che dovetti rifare la stessa scommessa anche con costui. Rimanemmo d’accordo per la sera dopo.
Anche questa volta, come arrivai sulla piana, la vidi bollare.
Stessa storia. Scrutò la superficie invano. Si arrese subito.
<< Fammi vedere come la prendi. >>
<< Gianni ti ha chiesto di scoprire quale errore aveva commesso? Vi siete messi d’accordo, vero? >> Dalla sua faccia capii che avevo visto giusto. Matteo era venuto proprio per quello. Sapeva che non avrebbe mai avuto la possibilità di vincere la scommessa, non era un buon pescatore.
Entrai in acqua con cautela. Matteo mi seguì. Più di una volta dovetti riprenderlo per come si muoveva. Giunto ad una quindicina di metri montai il finale, scelsi il nylon e misi la mosca. Non stava mai zitto, fedele alla consegna affidatogli da Gianni. Mi chiese perché non mi avvicinavo di più. Per quale motivo avevo montato finale e mosca in acqua e non a riva. Volle anche sapere lo spessore del nylon. Risposi solo a quest’ultima domanda. Silenzio. Stavo aspettando l’obiezione. Infine si fece coraggio e mi disse che quel nylon era troppo fine. Non sarei mai riuscito a tenere una trota di quella taglia con un nylon del genere. Pari pari quello che aveva detto Gianni.
<< Perché. >>
<< Per via della vegetazione >>
<< Quale vegetazione? >>
<< Come sarebbe, quale vegetazione? Non vedi tutti quegli arbusti? Quella trota è quasi due chili. Appena sente l’amo parte come un razzo per ficcarsi proprio la in mezzo. E quando si è infilata la sotto, ti saluto. Se invece la tieni spacchi. Dovresti saperlo. E io che ho sempre pensato che tu fossi un buon pescatore. Le stesse cose che aveva detto Gianni.
<< E invece sbagli. Quella trota, tante altre trote di questo fiume, sono diventate così grosse proprio perché c’è gente come voi che monta uno spessore di nylon troppo grande per queste acque così piatte e mosche così piccole. Guardala questa buca. Guardala questa vegetazione. Capito, ora? >> No, non aveva capito.
<< Il motivo per cui pescatori come te e Gianni e chissà quanti altri ancora, montate nylon di così grosso spessore, è perché temete di rompere per via degli arbusti. Guardala bene quella vegetazione. Quelli che tu chiami arbusti in realtà sono salici, e i salici stanno al di sopra della superficie dell’acqua, amico, non sotto. Al massimo solo un poco più in basso. Se non tieni la canna alta, ma allora che razza di pescatore sei, e subito dopo aver ferrato tiri giù la vetta, non si corrono rischi. Ecco perché uso un nylon così fine. Ecco perché io le prendo e voi no. >>
<< Pescatori! >> aggiunsi mentre la mosca passava a lato della trota, dalla sua parte esterna. << Pescatori! >> ripetei mentre la rimettevo dentro.