Si è spento il 22 aprile 2010, Mario Bossone.
In suo ricordo, Roberto Pragliola traccia un ritratto di giornalista pescatore e di uomo dai grandi ideali e fermo difensore della causa ambientale.
Ho conosciuto Mario Bossone negli anni 70, qualche anno prima che girasse “Licenza di Strage”: un documentario di pesca in cui la pesca era la scusa, per denunciare lo sfruttamento indiscriminato all’acqua in cui si assisteva in quegli anni. Mario è stato fra i primi a denunziare l’assalto a questo bene primario.
Bossone ha girato scene raggelanti, con l’aggiunta di un commento in cui traspare la sua indignazione per i comportamenti barbari di troppi pescatori, la complicità delle loro Associazioni e il menefreghismo delle istituzioni. Un lavoro pervaso dall’angoscia.
In quel documentario, uno dei più lunghi da lui girati (quasi mezzora), cè tutto Mario. Cè il suo dolore per lo scempio perpetuato nei confronti dell’ambiente, la sua indignazione per questo paese di indifferenti, il tormento di un uomo d’altri tempi che si guarda intorno incredulo con lo sguardo innocente di un bambino. Accade agli i idealisti. Uno stato d’animo cui ha contribuito in maniera notevole il suo lavoro di giornalista.
Mario ha vissuto la sua professione con sofferenza. Per lui il giornalismo era raccontare ciò che vedeva, senza edulcorazioni o, peggio ancora, come accade con fin troppa frequenza, far finta di non vedere.
Come meravigliarsi se nel suo ambiente è stato visto da troppe persone come fumo negli occhi. Come sorprendersi se la sua sensibilità è stata sommersa, oserei dire schiacciata, dai troppi cinici in circolazione. Persone incapaci di indignarsi. Che non conoscono vergogna. Lui che la vergogna la sentiva come un marchio di fuoco. Uno stato danimo sfociato in un pessimismo che lo ha accompagnato per buona parte della sua vita. Che qualcuno, se cè un po di giustizia almeno nell’altro mondo, gli dia quella pace che gli uomini in questo mondo gli hanno negato.
Roberto Pragliola
Mario Bossone
Nasce a Firenze il 1 aprile del 1934. Nel 1956 comincia a lavorare, come giornalista, per il quotidiano “Il Mattino” di Firenze fino al 1966, anno di chiusura del giornale. Dal 1968 al 1994 lavora alla Rai di Pescara, e si contaddistingue per le sue battaglie in difesa dell’ambiente. In particolare denuncia la cementificazione selvaggia a danno dei fiumi abruzzesi. Per questo motivo riceve, nel 1984, il premio Zanotti Bianco di Italia Nostra. Negli anni ’70 comincia a praticare con passione la pesca a mosca.